STORIA

La Commissione per i testi di lingua è un'associazione bolognese, ma con caratteri nazionali, fondata a Bologna nel 1860 dall'allora governatore delle Provincie dell'Emilia, Luigi Carlo Farini, e dal Ministro della Pubblica Istruzione, Antonio Montanari, al fine di reperire e diffondere, con la pubblicazione, le opere degli scrittori italiani del Trecento e del Quattrocento. Nel tempo, col lento mutare dei propositi culturali, e con l'avvicendarsi di dieci Presidenti, il primo dei quali fu Francesco Zambrini, i caratteri e gli scopi della Commissione cambiarono profondamente.

 

Lo sfondo culturale da cui prende le mosse la Commissione per i testi di lingua può, con ogni probabilità, essere colto nella Scuola classica romagnola (1), ossia in quella tradizione culturale che prende avvio nella seconda metà del Settecento, con la attività di Vincenzo Monti (2), e si protrae sino al primo quindicennio del Novecento, con la morte di Renato Serra (3). L'appellativo di "scuola" non viene adottato solo «nel senso di scuola poetica, autorizzata dalla lezione del Monti e dello Strocchi (4), ma anche nel senso di un vero e proprio discepolato diffuso, della trasmissione scolastica di determinati precetti di lingua, di stile, di poetica, di retorica, di versificazione, latina ed italiana» (5). Tra i maggiori esponenti della Scuola, quasi tutti maestri di eloquenza, oltre ai già citati Vincenzo Monti e Dionigi Strocchi, troviamo Pellegrino Farini, Giulio Perticari, Paolo Costa, Antonio Saffi, Jacopo Landoni, Giovanni Della Valle, Domenico Chinassi, Giuseppe Ignazio Montanari. È questione ancora discussa se in questa tradizione si inseriscano o meno l'esperienza e il magistero di Giosue Carducci, il secondo Presidente della Commissione per i testi di lingua, bolognese e romagnolo d'adozione. Partecipe o non di questa tradizione, il Carducci fu comunque vicino ai principi di tale Scuola, se poteva affermare che «è questa del rinnovamento classico una forte e nobile scuola [...]: ella, gran segno di temperamento artistico, ha spedito e sicuro il movimento del pensiero e nervosa e netta la espressione» (6). Soprattutto la apprezzava perché questa «utile e rispettabile scuola [...], contrastando la rilassatezza dello scrivere ingenerata dagli sfibramenti del pensare e del vivere, contenendo l'invasione del francesismo, mantenne e restituì salvo in parte all'Italia il tesoro della favella» (7).

 

Proprio per questo aspetto, ovvero per l'attenzione alla cosiddetta questione della lingua, la Scuola classica romagnola rappresenta una componente fondamentale e un antecedente necessario della Commissione per i testi di lingua in Bologna. Nelle parole di Piero Treves, infatti, «Questi letterati e maestri di scuola hanno [...] il merito di battersi a difesa della lingua: che, da pura attività letteraria, diviene, con e dopo la Restaurazione, un'attività direttamente o indirettamente politica. Certo questa difesa della lingua ha mero carattere normativo [...]. Eppure, la difesa della lingua in tanto acquista carattere e valore politico, in quanto, per la prima volta nella sua storia, l'Italia si chiede cos'altro abbia, per essere, per il suo diritto ad essere, se non la lingua; indice e strumento, dunque, di nazionalità» (8).

 

Nel corso della sua storia secolare, lo scopo della Commissione per i testi di lingua sarà proprio quello di rivalutare il patrimonio linguistico italiano soprattutto attraverso il reperimento e la diffusione delle opere degli autori del Trecento e del Quattrocento, ridotte il più possibile alla lezione autentica.

 

Nel precedente elenco, per quantosommario, dei principali esponenti della Scuola classica romagnola, è stato citato Pellegrino Farini, direttore del Collegio di Ravenna in cui intraprese i primi studi Francesco Zambrini, il primo Presidente della Commissione per i testi di lingua. Zambrini stesso dichiara: «Nell'età d'anni 12 fui allogato nel Collegio di Ravenna, dove, sotto la dirczione del celebre letterato, monsignore Pellegrino Farini, presi amore a' buoni studii; a quegli studii che oggi, nullostante la vantata civiltà, sono negletti dalla maggior parte, disprezzati e derisi» (9). Pertanto, tra gli esponenti della Scuola classica romagnola, ha diritto di essere annoverato anche il faentino Francesco Zambrini, il cui ideale di buon purista si esprimerà nella difesa della lingua del Trecento in generale e del classicismo romagnolo in particolare (10). Ancora a proposito dei rapporti che intercorrono tra il primo Presidente della Commissione per i testi di lingua e la Scuola classica romagnola, è poi interessante notare che i periodici fondati, direttamente o indirettamente, da Francesco Zambrini prima della nomina di Presidente della Commissione, ossia l’«Imparziale» (11), l'«Utile-Dulci» (12) e l’«Eccitamento» (13), svolsero proprio la funzione di portavoce dei principi della Scuola classica romagnola (14), supplendo di fatto alla mancanza di un giornale ufficiale della Scuola (15).

 

Accanto alla Scuola classica romagnola, dobbiamo prendere in considerazione un altro indirizzo di studi, vale a dire la Scuola storica (16), che si proponeva di studiare la letteratura con gli strumenti della filologia e della storia. I seguaci del metodo storico ritennero necessario dedicarsi a laboriose ricerche di documenti d'archivio, di fonti, all'accertamento di fatti e al recupero di dati. Non sorprende quindi se, in questi primi anni dell'unità d'Italia, le due tendenze, quella purista della Scuola classica romagnola e quella positivistica della Scuola Storica, convivono e anzi cooperano all'interno della stessa Commissione: alcuni tra i principali esponenti della Scuola storica, come Alessandro D'Ancona, Domenico Comparetti, Pio Rajna, Ernesto Monaci, Adolfo Mussafia furono del resto anche soci della Commissione per i testi di lingua.

 

È questo dunque il contesto in cui, nel 1860, venne istituita a Bologna la Commissione per i testi di lingua, la cui intitolazione all'origine era «Reale Commissione per i Testi di Lingua nelle Province dell'Emilia». Così ne descrive gli esordi Francesco Zambrini: «Era già redenta l'Italia, ed avea scosso il giogo degli stranieri, quando il nuovo governo, tra le diverse utili istituzioni, fondò eziandio quella che dovesse sostenere e proteggere la lingua nazionale. Con decreto dunque delli 16 marzo del 1860 il dittatore Luigi Carlo Farini istituiva la Commissione pe' testi di lingua nelle provincie dell'Emilia [...]» (17).

 

Il primo Presidente, vale a dire Zambrini, si adoperò in ogni modo, fin dagli esordi, affinchè la Commissione potesse pubblicare puntualmente i suoi testi. Appena un anno dopo la nascita della Commissione, Zambrini istituì infatti le due collane destinate alla pubblicazione dei testi: la «Collezione di opere inedite o rare», che rappresentava la collana maggiore, e la «Scelta di curiosità letterarie inedite o rare», che costituiva invece quella minore. Nel 1868, sempre ad opera di Zambrini, venne fondato il periodico che avrebbe dovuto illustrare entrambe le collane, il «Propugnatore». Avremo modo di approfondire dettagliatamente e completare il discorso relativo ai tré organi della Commissione, non solo durante la presidenza di Zambrini, ma anche negli anni successivi, nelle pagine che seguono.

 

Alla morte di Francesco Zambrini, nel 1887, la Presidenza della Commissione per i testi di lingua venne assunta da Giosue Carducci, il cui diverso orientamento culturale fu alle origini di una serie di modifiche decisive, relative alle due collane ed al periodico. Nel 1893 il nuovo presidente sospese difatti le pubblicazioni del «Propugnatore» ed in seguito, nel 1899, anche quelle della «Scelta». Fino alla presidenza di Raffaele Spongano, nel 1953, la «Collezione di opere inedite o rare» sarà così l'unica collana attiva della Commissione.

 

Nel lasso di tempo compreso tra la fine della presidenza carducciana e l'inizio di quella di Raffaele Spongano, la Commissione per i testi di lingua vide avvicendarsi cinque diversi presidenti e rallentare notevolmente la propria attività . Dopo la presidenza di Olindo Guerrini (18), dal 1907 al 1916, ed un biennio di amministrazione temporanea, divenne presidente Giuseppe Albini, rimasto in carica fino al 1933 (19). Nel frattempo la Commissione, abolita nel 1923 dal ministro della Pubblica istruzione Giovanni Gentile, trovò appoggio e sostegno nel Comune di Bologna. Tra il 1935 ed il 1938, dunque in soli tré anni, si avvicendarono due presidenti: Gino Rocchi dal 1935 al 1936 e Igino Benvenuto Supino dal 1937 al 1938. Con Carlo Calcaterra, che fu presidente dal 1939 al 1952, la Commissione per i testi di lingua tornò ad avere una guida relativamente stabile e nel 1951, dopo l'interruzione del periodo della guerra e del primo dopoguerra, potè riprendere le proprie pubblicazioni (20). Nel 1953, con Raffaele Spongano, la Commissione ritrovò l'energia e l'entusiasmo degli esordi. Nel 1956 vennero riprese le pubblicazioni della «Scelta di curiosità letterarie inedite o rare» e nel 1970 venne fondata dallo stesso Spongano la rivista che doveva compiere la funzione precedentemente svolta dal «Propugnatore», gli «Studi e problemi di critica testuale» (21).

 

Dal 1986 la Commissione per i testi di linguaè stata presieduta da Emilio Pasquini.

 

Dal 2014 la Commissione per i testi di lingua, insieme alle due collane e alla rivista, è presieduta da Paola Vecchi. 

 

Ecco dunque un breve bilancio della Commissione per i testi di lingua in Bologna, dagli esordi fino ai giorni nostri. Nei prossimi tré paragrafi analizzeremo più a fondo le figure di quei presidenti che, in positivo o in negativo, segnarono la storia ed i caratteri della Commissione: Francesco Zambrini, Giosue Carducci e Raffaele Spongano.

 

(1) Cfr. Piero Treves, Cultura e politica nella Scuola classica romagnola, in Scuola classica romagnola. Atti del Convegno di Studi, Faenza 30 novembre, 1-2 dicembre 1984, Modena, Mucchi Editori, 1988, pp. 7-17.

 

(2) Ai fini del nostro discorso giova soffermarci sull'ultima fase al più dell'attività di Vincenzo Monti (1754-1828), la quale comprende, tra le altre opere, la Proposta di alcune correzioni ed aggiunte al Vocabolario della Crusca del 1817, che riprende il dibattito sulla questione della lingua, e il Sermone sulla mitologia del 1825, che riaccende la disputa tra classici e romantici. In polemica contro il purismo del Cesari, Monti, in questa particolare fase della sua attività, riesce a concepire la lingua in senso nazionale, anche se l'interesse del Monti è tutto rivolto ad una lingua illustre, propria degli scriventi e non dei parlanti. Cfr. Carlo Muscetta, Vincenzo Monti, in Letteratura Italiana. I Maggiori, Milano, Marzorati, 1969, vol. II, pp. 701-754.

 

(3) Renato Serra, nato a Cesena nel 1884, morì appunto nel 1915. Cfr. F. Giannessi, Renato Serra, in Letteratura Italiana. I Contemporanei, Milano, Marzorati, 1969, vol. I, pp. 577-589.

 

(4) Del faentino Dionigi Strocchi (1762-1850), laureatesi a Roma in giurisprudenza, ma presto accostatesi al culto delle lettere italiane e latine e al purismo dell'abate Cesari, importano, più che le opere originali, le traduzioni degli Inni di Callimaco, delle Georgiche e Bucoliche di Virgilio. A questo proposito, cfr. la voce anonima Dionigi Strocchi, in Enciclopedia Italiana, Roma, Ist. Encicl. Ital. , 1949, vol. XXXII, p. 856.

 

(5) R. Cremante, Un'ipotesi di lavoro sulla Scuola classica romagnola, in Scuola classica romagnola, cit., pp. 357-371. La citazione è tratta da p. 360.

 

(6) G. Carducci, Di alcune condizioni della presente letteratura in Prose 1859-1903 (edizione definitiva), Bologna, Zanichelli, 1963, p. 4.

 

(7) Ivi, p. 10.

 

(8) P. Treves, Cultura e politica nella Scuola classica romagnola, cit., p. 10.

 

(9) F. Zambrini, Memorie sulla mia vita, ed. crit. a c. di A. Antonelli e R. Pedrini, Bologna, Commissione per i testi di lingua, 1999, p. 6.

 

(10) Il primo passo di Zambrini verso questa direzione, ovvero la difesa del classicismo romagnolo, è costituito dalla raccolta, la prima pubblicata dal letterato faentino, di Rime antiche di autori faentini finora pubblicate nelle diverse raccolte d'antichi poeti italiani, Faenza, Montanari e Marabini, 1836, seguita nello stesso anno e con i medesimi tipi dai Cenni biografici intorno ai letterati illustri italiani o brievi memorie di quelli che co' loro scritti illustrarono l'antico idioma.

 

(11) L'«Imparziale» venne istituito a Faenza da Zambrini nel 1839, ma già l'anno seguente cessò le pubblicazioni. L'importanza di questo giornale è legata soprattutto al precoce interesse per i dialetti, soprattutto il faentino, che avrebbe portato, quasi trenta anni più tardi, col «Propugnatore», alla nascita della moderna dialettologia.

 

(12) Dell'«Utile-Dulci», istituito nel 1845-46 ad Imola da Antonio Vesi, altro esponente del classicismo romagnolo, Zambrini fu soltanto collaboratore. Nelle sue pagine il filologo faentino si propose di illustrare l'antica letteratura romagnola, iniziando dall'area imolese e, attraverso quella ravegnana, concludendo con la riminese e faentina.

 

(13) L'«Eccitamento» venne fondato a Bologna nel 1858 dallo stesso Zambrini, ma ben presto anche questo periodico dovette cessare le pubblicazioni.

 

(14) Cfr. R. Cremante, Un'ipotesi di lavoro sulla Scuola classica romagnola, in Scuola classica romagnola, cit., pp. 357-371.

 

(15) L'organo ufficioso, se non ufficiale, della Scuola classica romagnola è il «Giornale Arcadico», curato sì da intellettuali romagnoli (tra cui Biondi, Betti, Adescalchi, Santucci, Pellegrino Farini), ma a Roma. Cfr. A. Gentilini, Un editore tipografo dell'800: la ditta Conti in Faenza, in Scuola classica romagnola, cit., pp. 121-148.

 

(16) Cfr. C. Dionisotti, Scuola storica, in Dizionario critico della letteratura italiana, Torino, UTET, 1986, vol. IV, pp. 139-148; C. Dionisotti, Ricordi della scuola italiana, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 1998. Guido Lucchini, Le origini della scuola storica, Bologna, Il Mulino, 1990.

 

(17) F. Zambrini, Memorie sulla mia vita, cit., p. 26.

 

(18) Ricordiamo che nel 1911, quindi durante la presidenza di Guerrini, la Commissione per i testi di lingua fu trasferita alla Casa Carducci, divenuta nel frattempo monumento nazionale.

 

(19) Per la storia della Commissione per i testi di lingua fino alla presidenza di Giuseppe Albini, cfr. A. Bacchi Della Lega, La  Commissione pe' testi di lingua e i suoi presidenti, Padova, Antenore, 1959.

 

(20) In particolare, il volume che riprende le pubblicazioni della Commissione per i testi di lingua, dopo l'interruzione dovuta alla guerra, fu l'Aspramonte di Andrea da Barberino, curato da Marco Boni ed edito nel 1951.